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In quest’ultime due settimane sono stato scekerato in giro per l’Italia a raccontare del mio libro: Milano, Torino, Roma, Brescia, Firenze, Bologna, Salerno e via così, mi hanno accolto con puntuale allegria ed ho incontrato quegli amici di sempre che era da un po’ che non incrociavo. Mi sono ritrovato a fare cose che ormai da un paio di anni non mi capitavano più: le sveglie all’alba, le valige sempre pronte, i viaggi da una macchina a un treno a un aereo e poi i ristoranti, gli autogrill e gli hotels che si dimenticano di darti la sveglia e che ti fanno correre all’ultimo minuto giù dalle scale facendoti dimenticare i carica batterie dei telefoni in camera.
Aria da tournee.
Antiche consuetudini che si sono rinnovate con identica routine. Passano gli anni, ma niente cambia: Qualche albergo che ricordavo luccicante si è perso qualche stella per la strada, qualche ristorante che cucinava all’italiana ha francesizzato il suo menù e qualche casello dell’autostrada ha allungato le code al telepass, ma per il resto tutto come prima, un prima vecchio di un paio di anni, alla fine fa poco cambiamento.
La differenza la si nota quando si fa un salto in tempi più remoti e questo in questi giorni mi è accaduto quando qualche immagine galeotta si è materializzata sui tavoli dei miei “firma copie”. Lì, quando qualcuno ha tirato fuori vecchie foto dei Pooh del paleolitico, mi sono accorto che a salti di decenni qualcosa è effettivamente cambiato e che il tempo, vecchia sola, sa farti sorridere.
E mi sono rivisto magro come un chiodo con i capelli a mezza spalla davanti a una vecchia discoteca che oggi è diventata un centro commerciale, e mi sono riconosciuto a malapena tra i fumi di qualche concerto di troppe estati fa in tutina cangiante e col pacco in bella vista in piazze del sud che oggi hanno cambiato nome, e mi sono sorpreso incredulo a guardarmi con addosso improbabili completini con colli di pelliccia su maxi cappotti di pelle nera e mi sono chiesto: “ma come cazzo mi combinavo?”
Quando capita tutto questo, ti accorgi che il tempo è stato molto “comprensivo” con te e che ti ha lasciato fare cercando di somigliarti il più possibile per non farti sentire un coglione.
Si perché anche le persone che in quelle foto mi stavano intorno, erano improbabili almeno quanto me: capelli cotonati che sembravano cespugli, pantaloni a vela più che a zampa di elefante, catene al collo con crocifissi intrasportabili, insomma tutto il passato in quelle foto si colora di incredibile e invece è tutto vero!
E allora mi viene da chiedermi, chissà se i pluritatuati dei selfie dei nostri giorni, quando si rivedranno tra 30 anni, si domanderanno come capita a me: “ma come cazzo mi combinavo?” e magari sorridendo si renderanno conto che non c’è niente di più comico del tempo che ci ha accompagnato e sorpassato e che ci ha lasciato esagerare!

Stefano D’Orazio



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